Contribuenti e parassiti in una società civile

Ho assegnato sempre al cosiddetto “federalismo fiscale” il compito di realizzare due sogni: introdurre, con sapienza e paziente gradualità, la “giusta imposta”, dando voce alle autonomie, e impedire, nella misura più ampia possibile, la “dissipazione delle risorse pubbliche”, consentendo loro uno spazio effettivo di libera scelta in campo fiscale.
Per questo, ho colto, nelle relative istanze, l'occasione irripetibile per riformare la Repubblica che, da un lato, sopporta i pesi di un passato istituzionale dominato da giochi e da formalismi e, dall'altro, vive l'aspirazione ad adeguarsi – lo sottolineo con le parole di Charlie Chaplin – ai tempi moderni.
Ho pensato che nessun progresso, in questa duplice direzione, si sarebbe conseguito se si fosse trascurato il ruolo costituzionale, perché fondativo del “contribuente onesto”: che è il tartassato che paga, dai cui sacrifici dipende, per tutti ivi compresi gli evasori, la fruizione quotidiana di prestazioni e servizi.
Ad esempio, di quelli erogati dal costosissimo Servizio Sanitario Nazionale. Coloro che adempiono al dovere costituzionale posto all'art. 53 – di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” - hanno diritto di usufruire delle tutele che la legge fondamentale accorda negli articoli della Parte I.
Coloro che non adempiono non possono vantare diritti. Se ne accampano, non hanno dignità. Dunque prima i contribuenti! La crisi ci ha posti di fronte alla necessità di fare pagare di più a chi ha di più. Ma abbiamo toccato con mano che non è detto che chi mostra di avere di più, dichiarazione dei redditi alla mano, sia davvero colui che in assoluto ha di più.
L'evasione fiscale genera insopportabili ingiustizie e la crisi fiscale dello Stato è destinata ad accompagnarci nella vita, senza soluzione di continuità. Così siamo giunti all'epilogo.
L'ottica del diritto tributario, che è quella di un duello permanente tra contribuente e fisco, identifica un dato ineliminabile, ma patologico. Il sistema può vivere, invece, soltanto se, fisiologicamente, chiunque è soggetto passivo di un tributo ha la consapevolezza di svolgere pagando – come ebbe a scrivere Piero Gobetti – una “funzione sovrana”. Questa è l'ottica del diritto costituzionale, ignota alla dottrina giuspubblicistica e alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, entrambe ancorate a concezioni che hanno a che fare con la sudditanza, piuttosto che con la cittadinanza attiva. Anche esse portano la responsabilità di questo degrado. L'attuale disordine istituzionale e le manifeste ingiustizie, ci dicono che il federalismo istituzionale e fiscale sono di là a venire, anche per evidenti carenze culturali di chi lo propone.

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