Agenda Monti - parliamone

Rem tene, verba sequentur. Un tempo si diceva così, per sottolineare una esigenza imprescindibile. Il sapere nasce dalla conoscenza della realtà e alla realtà si deve fare sempre ostinato riferimento. Certo, i programmi politici hanno le loro finalità e mirano, in primo luogo, a costruire consenso. Tuttavia, una volta realizzato questo importante obiettivo, prima o poi viene il momento della resa dei conti. Ne sanno qualcosa i protagonisti della prima Repubblica e pure quelli della seconda. Stanno assaporando il frutto amaro di scelte sbagliate. Non meditate. Sintonizzate sul breve, se non brevissimo periodo. Miopi, come miope è, per definizione, la prospettiva del mordi e fuggi.

Così, la Repubblica è stata abbandonata a se stessa, in un clima di perenne attesa, che ha generato aspettative. E l’aspettativa è - sono le parole di Alessandro Manzoni - “immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non trova mai tanto che le basti, perché, in sostanza, non sapeva quello che si volesse; e fa scontare senza pietà il dolce che aveva dato senza ragione”.

L’Agenda Monti dice dei mali del Paese: espressamente e per implicito. Dice di quel che il Governo, da Lui presieduto, ha fatto sul piano della produzione legislativa. Narra e imperativamente afferma che bisogna … Ma è risaputo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Il mare sconfinato e tempestoso della realtà e dell’esperienza, che spesso non ha nulla o ben poco a che fare con la rappresentazione, avulsa dal concreto, che di esse si dà.

L’Agenda ha un sottotitolo: primo contributo ad una riflessione aperta. Qui si risponde, in nome di ciò che rende la democrazia superiore a qualunque altra forma di organizzazione del potere: il contraddittorio. E in nome, altresì, di un collaudato insegnamento: amicus Plato, sed magis amica veritas.