Fiscalità e diritti nello stato costituzionale contemporaneo

24 December 2012, Autore: Giovanna Tieghi

Esse est percepi. Senza aver la pretesa di spiegare ciò che questo principio significa nel pensiero di George Berkeley, in una prospettiva comparativamente modestissima l’espressione si può tradurre dando risalto al percepire di un soggetto nell’attualità del pensare. Percepire e pensare
sono due predicati verbali che identificano la condizione dell’uomo contemporaneo, il quale ha consapevolezza di sé, del tempo in cui vive, delle nubi che si sono addensate all’orizzonte e delle risorse che dovrà destinare alla casa comune. Alla Repubblica, che affrettate ipotesi di riforma
costituzionale vorrebbero ridurre a Stato. Costituita, invece, da un insieme di centri di autonomia, se si conserverà anche in futuro l’impianto strutturale concepito e voluto dal Costituente. Ma questo centro di autonomia si regge su un insieme complesso di fattori: sulla fiscalità, sulla spesa pubblica, sulla responsabilità, sulle libertà. Queste quattro parole, seducenti e drammatiche al tempo stesso, sono state declinate, nell’Italia di ieri e di oggi, in modo tale che il cittadino si può dire rappresenti, sempre e comunque, un termine passivo di riferimento
delle decisioni che il legislatore e l’amministrazione assumono in tema di entrate e di spese. Lo conferma il destino dello Statuto dei diritti del contribuente: legge che non si applica, ma si deroga. In coerenza con la disciplina formale delle fonti, ma in netto contrasto con il principio – questo sì di vero rango costituzionale – pacta sunt servanda.
Guardare altrove, cogliere il senso che, di medesimi istituti, si ha in altri Paesi di lunga e collaudata esperienza giuridica, significa dare a se stessi la possibilità di riflettere criticamente e di avviarsi sull’unica strada che dovremmo percorrere: quella che assegna al contribuente-onesto la posizione di pietra angolare della Repubblica, partner – come si spiega nel libro – di un potere che va oltre se stesso e la pura e semplice dimensione dell’autoreferenzialità.
Giovanna Tieghi ha ragionato stando negli Stati Uniti.
Ha evitato, così, il rischio mortale di deformare le istituzioni di quel Paese attraverso la lente di una dommatica ad esso estranea: quella europea continentale. (M.B.)

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